Nino Migliori di Nicola Bustreo

Nino Migliori di Nicola Bustreo

Nino Migliori, la ricerca di una vita di Nicola Bustreo
Alla biblioteca di Musile di Piave ieri sera Nicola Bustreo ha presentato un fotografo tra i più significativi del panorama nazionale, il bolognese Nino Migliori (1926).
Le prime foto che portano alla ribalta l'artista sono di stampo neorealista, coerentemente con l'onda che in quegli anni andava per la maggiore. Tuttavia il relatore ci ha spiegato come l'autore sia sempre stato interessato a sperimentare andando a investigare i differenti aspetti che la fotografia può proporre. Ecco che dopo aver visto foto di stampo tradizionale (di cui riscriverò in seguito) l'artista si diletta ad esempio a sperimentare quali effetti si ottengono se si incidono i negativi o le immagini con oggetti appuntiti. Atri esperimenti vedono la modifica delle foto e dei negativi bruciati nel lavoro intitolato "Pirogrammi". Non meno incomprensibili sono le immagini del lavoro "Ossidazioni" dove si alterano le immagini con l'uso di differenti acidi. Tutta questa sperimentazione altro non è se non un'investigazione che l'artista realizza sui materiali che sono parte della fotografia.
Ma la fotografia è anche un linguaggio ed allora ecco che Migliori cerca di investigare anche questo aspetto. Nel lavoro "I Muri" che inizia nel '52 e prosegue sino alla fine degli anni settanta il soggetto sono le superfici edili che sono una lavagna su cui vi sono tracce umane importanti, di vario stampo. La comunicazione in questo caso è data dal fotografo o da chi ha imbrattato l'intonaco con disegni, scritti o manifesti? E ancora, che notizie ci stanno trasmettendo il muro quando la foto riprende manifesti magari strappati che si sovrappongono l'uno all'altro?
La capacità di vedere più piani descrittivi in una stessa immagine è una delle caratteristiche del lavoro di Migliori. E' la scritta politica che parla di proletariato quella che ci interessa? O il fatto che sotto quella stessa scritta vi è un disegno infantile, quasi che l'attività politica voglia soffocare questa purezza dei cittadini? O forse è vero il contrario giacché il manifesto che stava sopra il disegno alla fine è stato strappato, quasi a significare che le parole della politica vengono alla fine sbiadite dal tempo, mentre il fanciullesco disegno ritorna ad esser protagonista? Domande che ci riportano al tema iniziale: chi sta dicendo cosa e a chi? E' la società, la gente che si esprime attraverso quanto appare sul muro o è il fotografo che ponendo la sua macchina e mettendo a fuoco proprio quel muro e non altro sta cercando di comunicare con colui che la foto osserva? La serie sui muri apparentemente banale alla fine svela come Migliori sia al contrario un fotografo che propone più piani di lettura per i suoi lavoro.
In altri lavori la sperimentazione sui linguaggi lo portano a utilizzare il nuovo mezzo che ha preso il sopravvento nel panorama fotografico:la Polaroid. Le foto scattate con la Polaroid vengono anch'esse manipolate, alterate, modificate andando ad ingrandirle, creando distorsione all'originale, andando a ritoccarle dipingendole, creando ambiguità tra pittura e fotografia o andando a fotografare un programma televisivo realizzando anche in questo caso commistione tra i differenti mezzi di comunicazione. E' la foto che sta raccontando o il programma televisivo immortalato? Le sue sono foto o dipinti?
Questi sono gli stimoli intellettuali che i lavori di Migliori propongono in un percorso che, come ben spiegato dal titolo della serata, è di fatto una continua ricerca all'interno del mondo fotografico. Vado ora a commentare i due scatti che più mi han colpito tra i molti proposti dal relatore. Il primo vede una anziana fruttivendola compiere un gesto simile a quello di una avvenente giovane donna stampata sul manifesto alle sue spalle. Il gesto simile porta il fruitore della foto ad accostare le due figure per poi dover riconoscerne le differenze. L'immagine della pubblicità vede una donna bella e giovane contrapposta a colei che potrebbe essere una fruitrice del messaggio pubblicitario che però è anziana e rugosa. La donna del cartellone ha in mano una perla (il gioiello), è ben vestita e sorridente. Quella che sta lavorando è vestita come lo può essere una fruttivendola, e non fa trasparire una particolare opulenza. La vita reale e la vita illusoria, ma altresì la nuova società moderna che propone mezzo la pubblicità questi nuovi miti che si scontrano inesorabilmente con le vicende reali. Di questo scatto non se n'è parlato, ma lo ritengo uno dei più interessanti che abbia mai visto.
L'altro scatto di cui voglio narrare è parte del lavoro "Natura morta". Le nature morte vedono protagonista la frutta nella tradizione pittorica, e di solito ci sono mele o pere ed uva disposti in cesti di vimini sopra un tavolo in legno nel centro di una qualche sala. Le foto di Nino colgono la frutta dentro le vaschette di polistirolo avvolte dal celophane, illuminate dai neon del supermercato. Questa frutta fotografata dal bolognese pare avulsa dal mondo naturale come poteva essere quella dei cesti dipinti dai maestri del colore, al punto tale da sembrare plastificata, falsa. Il nastro trasparente che l'avvolge, l'ambiente asettico dove è riposta, la luce irreale del supermercato, fredda, metallica, mi inducono all'idea di un frutto finto, quasi come se non fosse mai stato vivo. La natura morta quindi va oltre la classica idea dei maestri del pittore, questa frutta più che esser morta pare esser sbucata da chissà quale processo industriale, sfornata da una macchina e non cresciuta in un albero. Sono passati forse 4 decenni dallo scatto della fruttivendola a quella del supermercato, ma in entrambi i casi io che osservo la foto, mi trovo a riflettere su come la modernità ci abbia tolto qualcosa, proponendoci qualcosa di surreale. E' un caso tutto ciò? No, il lavoro di Nicola Bustreo è stato finalizzato a farci comprendere come Nino Migliori pur spostando l'interesse delle sue sperimentazioni da un campo all'altro ha però nel contempo mantenuto una qualche misteriosa coerenza che collegava lavori diversissimi l'uno all'altro. In sintesi molti nella sala sono usciti con la consapevolezza che questo fotografo bolognese non è stato forse del tutto compreso e apprezzato. Ottimi gli stimoli proposti dal relatore che ha saputo con le immagini e con le spiegazioni trasmettere chiaramente il suo pensiero, andando nel contempo a stimolare le nostre soggettive riflessioni, come nel presente articolo sto testimoniando.
Giovedì prossimo alle 20,45, sempre in una sala della biblioteca adiacente alla Chiesa di Musile, ci sarà la presentazione di una giovane ma già affermata fotografa: Monia Perissinotto.
Mirco Venzo, Treviso 20/11/2015 

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